Noi intralasciamo di rappresentare questa tragica scena, perchè ne fu data la distinta relazione in istampa per i torchi di Antonio Epiro (2192); e solo diremo, che gli attori furono al numero di 28, i quali erano rei o di sortilegio, o di superstizione, o di fattucchierie, o di bestemmie, o di poligamia, o di false testimonianze, o di quietismo, o di altri delitti. Ventisei di questi furono condannati, altri a portare la mordacchia, altri alla vergogna, altri alla frusta, altri allo esilio, altri alla prigione, e altri allo ergastolo. Due soli come impenitenti, e degni di morte, furono consegnati alla giustizia secolare; cioè una pinzochera, chiamata suor Geltruda Maria Cordovana, Terziaria dell’ordine di s. Benedetto, e un laico della religione degli Agostiniani scalzi, che avea nome fra Romualdo di s. Agostino, ambedue della terra di Caltanissetta; e dei quali portava il processo, che seguissero i sentimenti di Michele Molinos, e che si credessero impeccabili. Questi due sventurati concittadini, avendo persistito nella loro pertinacia, furono lo stesso giorno condotti sopra due carretti, tirati da bovi, alla piazza di santo Erasmo, dove erano preparati gli strumenti della loro tortura; ed [520] ivi furono bruciati vivi, con un concorso straordinario di stranieri, e di cittadini inumani, che erano andati a vedere lo esterminio dei loro simili. La spesa di questa luttuosa funzione fu fatta col denaro del regio erario.
      Sulla fine di questo anno il conte di Palma agli 8 di dicembre piantò la prima pietra per la eccelsa mole, che dovea eriggersi alla Immacolata Vergine nella piazza di s. Domenico.