Levati gl’intoppi, creò il papa una congregazione di cinque cardinali cospicui, accoppiandone quattro altri al Lambertini, i quali con iscambievole concordia approvarono quanto si era stabilito da due cardinali plenipotenziarî. Allora Benedetto XIII inerendo alla loro consulta promulgò a’ 29 di settembre di questo anno 1728 la bolla della concordia, che dal di lui nome vien chiamata la Benedittina. Fe in essa menzione il pontefice della soppressione del tribunale della monarchia fatta da Clemente XI. Si incaricò di poi delle ragioni addotte dal ministro dell’imperadore, che dimostrava non potersi questo tribunale abolire, come quello, che era stato concesso da Urbano II al conte Ruggiero, e a’ di lui legittimi successori in premio di aver liberata la Sicilia dal giogo de’ Saraceni, e di avere resi soggetti alla santa sede i vescovadi della medesima, che dapprima si erano sottomessi al patriarcato di Costantinopoli; ragioni, che il detto Clemente non avea giammai fatte buone per gli enormi abusi, che si erano introdotti nel detto tribunale. Considerò di poi i mali, e le contenzioni, che erano nate dopo la bolla di abolizione. Quindi disse, che volendo egli come padre di tutti i cattolici togliere le cause di questa contesa, col voto degli eminentissimi cardinali era divenuto alla concordia, che veniva stabilita nella sua costituzione, in cui riconoscendo come legittimo il tribunale della monarchia, gli si stabilivano i limiti, per li quali venivano risecati i passati abusi. Diede perciò i regolamenti necessarî in trentacinque paragrafi, coi quali dovea in avvenire il giudice della monarchia trattare le materie appartenenti alla sua magistratura, come può di leggieri osservarsi dalla lettura della mentovata concordia benedittina (2215).
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