Fu imposto il pagamento del due per cento sopra tutti i beni; fu obbligato il senato con replicati viglietti viceregî a trarre cinquanta mila scudi dalla cassa frumentaria, cioè da quel fondo, che si mantenea per occorrere in tempo di fame alle necessità de’ cittadini. Siccome poi gli ecclesiastici non erano stati compresi nelle suddette tasse, così fu imposto il due per cento sopra le loro rendite, e furono eglino tenuti a cedere quella franchigia, che hanno sopra la farina, ed il vino, che chiamasi volgarmente scasciato, come altrove si è detto.
Queste intollerabili estorsioni, che si facevano per tutto il regno, vi apportarono la miseria, ed il disordine. Ciascheduno ch’era debitore, sotto il pretesto che pagar dovea le imposizioni, si schermiva dal soddisfare i suoi creditori, i quali da un lato erano tenuti a soggiacere alle medesime, e dall’altro erano impediti dal potere esigere il suo (2228); e non circolando il denaro, riducevansi molti alla estrema povertà. Le spese fatte in questa occasione in Sicilia, per le quali restarono dissanguate le università, e rovinate le famiglie, furono dello intutto inutili, e barattate; imperocchè nè in questo anno vi fu guerra di sorta veruna, nè negli anni seguenti (2229) sino al 1734 fu, come vedremo, sguainata la spada nel nostro regno.
Intanto in Vienna i ministri d’Inghilterra, e di Spagna faceano ogni opra per indurre lo augusto imperadore a consentire al trattato, che si era fatto in Siviglia, affine di stabilirsi la universale concordia fra tutti i principi; ed egli, ch’era portatissimo per la pace, non si mostrava lontano dallo aderirvi.
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