Gli ordini dello stato non sapeano d’onde trarre questo denaro. Gli affanni del regno erano grandissimi, e le ultime scosse, che avea ricevute dal generale Vallis, appoggiato dall’autorità del vicerè, che noi abbiamo poco fa riferite, lo aveano ridotto in tali calamità, e miserie, che sembrava impossibile il potere soddisfare le brame di S.M.I. I baroni istessi erano per tal modo aggravati, che le rendite de’ loro feudi erano appena bastanti per soddisfare i pesi, e i canoni, ai quali erano soggette le loro terre, e possessioni. Sostenea a tutta forza la pretenzione della corte Mr. Rifos giudice della monarchia, già eletto reggente in Vienna nel supremo consiglio d’Italia, il quale, per dare le ultime prove della sua affezione al governo, fe uso di tutti gli artifizî, e fece ogni sforzo per ottenere dal parlamento quanto si chiedeva. Grande era il desìo, che aveano i nostri, di compiacere lo augusto principe; ma non trovavano modo di farlo, come egli desiderava, stanti le angustie, dalle quali ogni ceto era vessato. Finalmente divennero ad accordare un donativo, che nelle circostanze di allora era grandissimo, e di cui non v’era memoria in questo secolo; cioè di ottocento mila scudi. Dunque a’ 7 di luglio, dopo la terza sessione, fu data al vicerè la notizia della risoluzione presa dalla parlamentaria adunanza, di offerire la mentovata somma a S.M.I. oltre la conferma degli ordinarî donativi, così triennali, che di quelli che si pagavano di nove in nove anni. Furono tassati per questa contribuzione tutti, e singoli abitanti non meno nazionali, che stranieri, i quali possedevano rendite nel regno, di qualunque ceto mai fossero, laici, od ecclesiastici, e furono imposte diverse gabelle: cioè 1° di un tarino sopra ogni rotolo di zucchero: 2° di un altro tarino sopra ogni rotolo di polvere di archibugio: 3° di due tarini sopra ogni risma di carta: 4° di oncia una, ossia di 30 tarini sopra ogni quintale di piombo; e 5° finalmente del due, e mezzo per cento sopra il valore de’ panni, e de’ drappi.
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Vallis Vienna Italia
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