Persuasi i parlamentarî della ragionevole [534] dimanda, che veniva loro fatta, e considerando altronde che le suddette cinque gabelle erano di aggravio a’ popoli, nella sessione che tennero nel dì seguente 19 dello stesso mese, le abolirono, e ripartirono quel che mancava allo adempimento de’ 200000 scudi, cioè i 56750, sopra gli ecclesiastici, i baroni, la città di Palermo, le chiese laicali, i mercadanti, i cambisti, gli stranieri, i negozianti di Messina, e sopra quelle università, ch’erano state tassate in minor somma nel parlamento de’ 7 di luglio del 1732 (2251). Toccava al vicerè il solito regalo di mille once, che si costuma di fare al medesimo ogni volta, che si raduna il parlamento, e in fatti gli fu destinato, ma egli, avendo in considerazione le angustie, nelle quali si ritrovava il regno, generosamente lo ricusò (2252).
Poco prima di questo parlamento aveva il conte di Sastago fatti partire per Siracusa cinquecento soldati, (cento de’ quali poi furono mandati alla Licata) per la difesa di quella importante piazza, dove egli contava di trasferirsi, per essere a portata di sapere se arrivava l’armata spagnuola, e s’impossessava della Sicilia. Prima che ei vi si recasse, ed abbandonasse la capitale, siccome non vi era denaro, che bastasse per supplirsi alle spese ingenti del regio erario, avea cercato d’impinguarlo con quello, che la deputazione delle nuove gabelle paga per franchigia agli ecclesiastici. Levitava questo affare fin dall’anno antecedente 1733. La facilità, con cui i preti, i frati, i monaci, e le monache erano stati l’anno 1730 spogliati della esenzione sopra il vino, e la farina, che veniva dalla detta deputazione compensata in denaro, rese coraggiosi i ministri del patrimonio a chiederlo nuovamente nelle presenti critiche circostanze.
| |
Palermo Messina Sastago Siracusa Licata Sicilia
|