Pretesero eglino di restar liberi, e di sortire dal castello con tutti gli onori militari; ma non aveano fatta così valorosa resistenza, quanto meritassero codesto trattamento. Essendo perciò stata ributtata la loro dimanda, furono costretti a rendersi a discrezione, e a restare prigionieri di guerra. Sulle ore 15 adunque furono aperte le porte del castello, e per esse entrarono le truppe spagnuole colle insegne reali borboniche, e ne presero possesso. Allora le cinque galee di Spagna, e molte tartane (i vascelli di linea, posta a terra l’artiglieria, erano già partiti per Napoli) entrarono nel nostro porto con tutta sicurezza (2269).
Preso il castello, e fattane prigioniera la guarnigione, la deputazione del regno, che rappresenta il parlamento, e il senato di Palermo, che presede alla capitale, si determinarono di spedire in Napoli i loro ambasciadori, per ossequiare il nuovo sovrano a nome di questi rispettabili magistrati, e per pregarlo a venire a felicitare la Sicilia colla sua reale presenza. Quattro furono i cavalieri destinati a quest’onore; cioè il principe di Aragona Baldassare Naselli, e il colonello Berlingario Gravina a nome della deputazione del regno; e per parte del senato i principi di Pantellaria, e di Poggio Reale, i quali dopo di essersi preparati per eseguire con magnificenza, e decoro cotale ambasceria, partirono per la corte nel seguente mese di ottobre.
La emulazione fra’ due collegî nobili, dei pp. Gesuiti, e de’ pp. Teatini, facea loro agognare all’onore di essere i primi ad ottenere la protezione del nuovo sovrano.
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