Volevasi in questa, che il detto conte dovesse venire in Palermo ad esercitare questa carica. Egli ricevutone lo avviso, e lo invito di portarsi alla capitale, per mettersi in possesso della nuova carica, rispose per allora, che lo assedio della Cittadella non gli permettea che si allontanasse, e che quando le circostanze gli avrebbono permesso di venire in Palermo, ne avrebbe dato lo avviso con un corriere.
Restando perciò sospeso lo esercizio della presidenza del regno, conforme alle nostre leggi, il sacro consiglio cominciò ad esercitare il comando. Intanto, malgrado la condizione apposta dal Montemar nella sua cedola, venne voglia allo eletto presidente del regno (o per meglio dire, vi fu istigato) di prender possesso in Messina della nuova carica, e chiamò quindi i ministri necessarî per assisterlo. Il protonotaro, cui incombe di fare osservare le leggi del regno, non potea accordargli il possesso, subito che nella cedola era espressamente stabilito, che dovesse prenderlo in Palermo. Nondimeno per camminare con maggiore sicurezza, ne consultò il sacro consiglio, il quale fu dello stesso avviso, e opinò che se ne dovesse scrivere al re in Napoli, per sentire i di lui sovrani oracoli. Così fu fatto, e la giunta de’ presidenti, e consultore, ed il protonotaro del regno, ne scrissero ancora al conte di Marsigliac, scusandosi se non eseguivano i di lui ordini, stante l’ostacolo, che vi apportavano le leggi comuni, e municipali del regno. Noi abbiamo le due risposte fatte dal conte suddetto, così alla giunta mentovata, come al principe di Valdina, in data de’ 21 di dicembre, colle quali loda la risoluzione da loro presa, dichiarando, che intanto avea egli così pensato, perchè gli era stato suggerito da’ Messinesi (2284).
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