Avendo la corte di Napoli considerato da una parte, ch’era pur troppo necessaria la presenza del conte di Marsigliac per lo assedio, che continuavasi alla Cittadella di Messina; e dall’altra non volendo vulnerare la condizione apposta dal benemerito conte di Montemar nella sua cedola viceregia, si determinò a fare una nuova elezione, scegliendo per presidente del regno il tenente generale Pietro de Castro Figueroa, marchese di Grazia Reale. Il dispaccio è segnato in Napoli ai 30 di dicembre, e sottoscritto dal segretario di stato marchese di Monte Allegro (2285), e lo avviso di questa elezione arrivò in Palermo a’ 5 di gennaro 1735. Giunse questo tenente generale in Messina a’ 14 dello stesso mese, prese nel medesimo giorno possesso della presidenza, e scrivendo in Palermo ordinò, che si portassero in quella città il consultore, gli uffiziali della segretaria, i portieri di camera, e gli alabardieri (2286).
La risoluzione del marchese di Grazia Reale di prender possesso in Messina della presidenza tenne incerti i ministri di Palermo di ciò, che far doveano. Il dispaccio reale portava, che si dovesse continuare il triduo dal sacro consiglio, sino che il nuovo presidente del regno avesse fatto il solito giuramento nella cappella reale di Palermo: y que en el interim, que passa a jurar a la capilla de san Pedro del real palatio di Palermo, segun estilo se mantenga el triduo, en forma practicada en eguales casos. Dalla forza di queste parole sembrava, ch’ei non avesse eseguito la volontà del sovrano, e che non dovesse riconoscersi come legittimo presidente del regno, e che dovesse il sacro consiglio proseguire a reggerlo nel triduo, senza riconoscerlo per governante, nè dargli il titolo di eccellenza, che in detto carattere gli sarebbe stato dovuto.
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