In somma trattò Carlo i Messinesi, come deve un principe benefico, e indifferente trattare una città cospicua, che sebbene non sia la capitale del regno, merita nondimeno per la sua antichità, e magnificenza il secondo luogo fra le città di Sicilia.
Determinò intanto questo monarca di portarsi in Palermo, per ricevervi il serto reale, e nel giorno 13 di maggio dichiarò, mentre desinava in pubblico, che al primo buon tempo avrebbe fatta questa mossa. Nel giorno seguente il segretario di stato, marchese di Monteallegro, avvisò il principe di Valdina, protonotaro del regno, delle intenzioni di sua maestà, consegnandogli un dispaccio, in cui era espresso, quanto il re ordinava che si praticasse al suo arrivo, ad oggetto che il detto protonotaro ne regolasse il ceremoniale. Lo stesso marchese di Monteallegro colla posta ne scrisse al principe della Cattolica pretore, dandogli avviso e della vicina partenza del re, e di quanto era conveniente di eseguirsi, qualora sarebbe arrivato in Palermo.
Ma questo sovrano prevenne il corriero; imperocchè a’ 16 di maggio, senza curarsi di sapere s’erano arrivate nella capitale le carrozze, e le due compagnie delle guardie vallone, ch’erano partite da Messina due giorni prima, s’imbarcò sulle ore 17 contento di essere accompagnato dalle quattro galee, ch’erano in quel porto. Sarebbe egli arrivato in poche ore nella capitale, se il vento, che dapprima si era mostrato favorevole, non si fosse tosto cambiato. Gli convenne perciò di fermarsi al Faro, dove dimorò la notte.
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