Dal loro rapporto si seppe, che quella città era attaccata dal contagio. Assicuratosi di questa verità, si applicò questo governante a salvare il resto del regno, e a provvedere Messina di tutti gli aiuti necessarî. Furono perciò spedite da Palermo molte barche cariche di grano, e di farina, e siccome dubitavasi che potessero in quella città mancare i molinari, e i fornari, furono anche le medesime caricate di pane, e di biscotto (2373). Per salvare poi le altre città, scelse tre vicarî generali, [568] cioè Pietro Napoli principe di Resuttano, Ignazio Migliaccio principe di Malvagna palermitani, e Vincenzo Paternò catanese duca di Carcaci, ai quali accordando le necessarie milizie, ordinò che invigilassero, affinchè il male non s’inoltrasse nelle altre città, e terre, alla custodia delle quali erano eglino destinati. Fe anche fare un cordone attorno a Messina, e ai suoi casali, dando rigorosissimi ordini, che le soldatesche non lasciassero passare alcuno, che venisse dalla infetta città. Le stesse provvidenze diede per tutti i porti del regno, proibendo ogni approccio delle barche vegnenti da Messina, o dalla Calabria, dove era fama che fosse penetrato questo male.
Ma senza questi saggi ordini viceregî, ogni città, e terra da per sè stessa pensò a custodirsi. La peste è uno dei mali, che fa più paura alla umanità, e quantunque lontanissima, si paventa da tutti. Le occulte maniere, colle quali s’insinua, e la celerità, con cui opera, fanno orrore. Le prime città, che ruppero ogni commercio con Messina, anzi che ne avessero ricevuto l’ordine dal governo, furono Taormina, e Milazzo.
| |
Messina Palermo Pietro Napoli Resuttano Ignazio Migliaccio Malvagna Vincenzo Paternò Carcaci Messina Messina Calabria Messina Taormina Milazzo
|