La capitale chiuse tutte le sue porte, e non ne lasciò aperte, che quattro, per introdurvisi i viveri, le quali la notte, e il giorno erano guardate da un nobile, da uno ecclesiastico ornato di dignità, e da alcuni artisti. Nè di ciò contenta pose attorno al suo territorio un cordone di milizie urbane, lasciando solo aperti sette luoghi, per cui potessero passare le persone, che venivano in città, e in essi ancora vi furono destinati alcuni nobili, ed altri del ceto civile, i quali ebbero le loro istruzioni per esaminare prima di ammetterli, coloro che volessero entrare. Siccome poi attorno a Palermo, e al suo territorio vi sono dei lidi, nei quali si può comodamente sbarcare, questi similmente furono custoditi dai nobili assistiti da molte guardie, affine d’impedire lo sbarco, quando le fedi, che apportavano, non erano riconosciute nette, e sincere.
Continuò questo flagello nella sua ostinazione in Messina fino ai primi del mese di agosto, dopo il qual tempo cominciò a cedere la sua violenza, o perchè pochi stami gli restavano a recidere, o perchè questa è la naturale costituzione dei morbi, che dopo di avere infierito, perdono a poco poco la loro forza, e vanno lentamente declinando. Ma quella attività, che depose in Messina, mostrò di riprenderla nei casali, dove gli infelici abitanti morivano a migliaia. Noi però opiniamo, ch’eglino vi soccombessero più per la mancanza dei necessarî presidî, e per la poca cura, che si ebbe degli ammalati, che per l’efficacia della contagione.
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