A questo flagello ne venne dietro un altro non meno ferale, quantunque non avesse direttamente afflitta la Sicilia, nè tenuto occupato il nostro vicerè. Fu questo la guerra, ch’ebbe a sostenere il nostro sovrano Carlo III a’ confini del regno di Napoli, per respingere lo esercito tedesco, che sotto il pretesto d’inseguire gli Spagnuoli, cercava d’invadere il detto regno (2375). Riguardo alla Sicilia fu delle volte funestata, quando arrivavano delle triste notizie dal campo, e divenne lieta, qualora si seppe il fausto evento di questa guerra. Si festeggiarono allora, per ordine del principe Corsini, per tutta la Sicilia questi favorevoli successi delle nostre armi, e in particolare nella capitale tenne egli varie cappelle reali, per rendimento di grazie al Dio degli eserciti, ed ordinò gale, e illuminazioni per tutta la città. Non furono fatte altre dimostrazioni; era troppo fresca la piaga della peste di Messina, e trovavasi il regno impoverito, non meno per questo disastro, che per la mancanza del commercio.
Mentre ardeva ne’ confini di Napoli lo incendio della guerra, la Sicilia che non vi avea avuta altra parte, che quella di somministrare truppe, viveri, e munizioni al nostro esercito, stavasene tranquilla, risarciva i danni recatile dalla peste, rimettea in piedi il sospeso commercio, così interno, ch’esterno, e godea pacificamente dell’ottimo governo del principe Corsini. Questo provvido governante sempre intento a fare argine a’ furti, e a’ delitti, che fra le tenebre della notte assai agevolmente si commettono, propose la tanto utile illuminazione notturna, ordinando che nelle strade della città si tenessero de’ fanali accesi nelle ore, nelle quali la medesima non era illustrata dal lume della luna.
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