Questa città era divenuta popolatissima, e siccome per l’abbondanza, che vi regnava, vi correa la povera gente da tutto il regno, sperando di potersi in essa sfamare, così era divenuto grande, e intollerabile il numero de’ mendici. Eravi in verità uno alloggiamento presso la Porta di Termini, destinato per loro, ma questo era troppo ristretto a proporzione della quantità de’ pezzenti, che andavano mendicando per le strade, e si moltiplicavano di giorno in giorno. Fu dunque proposto, che si ergesse una casa magnifica e spaziosa, che fosse capace di riceverli, nella strada che conduce alla città di Morreale. Il benefico sovrano volentieri permise questo edifizio, ed a’ 24 del mese di aprile dell’anno, di cui favelliamo, se ne cominciò la fabbrica. Si fe la funzione di buttare la prima pietra con somma pompa, essendovi andato il principe Corsini a gettarla, assistito dal senato, dal ministero, e dalla nobiltà. Nel fine di questo libro torneremo a parlare di questo edifizio.
Si era a’ 16 del ridetto mese fatta l’apertura del parlamento ordinario, che cadea in questo anno, e in essa il mentovato vicerè assiso in soglio nella sala del regio palagio di Palermo avea fatto rilevare agli ordini dello stato le ingentissime spese, che nelle guerre, che tribolavano la Italia, era stato costretto di fare il monarca per la difesa dei suoi stati, e dominî, per il decoro del suo nome, e per la sicurezza, e tranquillità dei suoi sudditi. Chiese adunque dallo zelo, e dalla fedeltà de’ Siciliani un copioso straordinario donativo (2379). Era così amato Carlo III, che senza dimora i parlamentarî confermarono i soliti donativi, e per straordinario sovvenimento offerirono quattrocento mila scudi franchi e liberi alla M.S., da pagarsi nello spazio di quattro anni, con che niuno fosse esente dal pagamento; e nel caso che il sovrano volesse fare alcune persone franche, che le porzioni da esse dovute andassero a suo conto, senza che il regno fosse obbligato a rimpiazzare cotali rate (2380). Ebbe il vicerè co’ suoi il consueto regalo.
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