Molte grazie furono richieste in quest’adunanza, le quali presentate al vicerè furono trasmesse a S.M. Nella seconda di esse si rinnova la istanza fatta nel parlamento antecedente intorno al supremo magistrato del commercio, ed a’ consolati di mare, volendosi anche il primo totalmente abolito. Fecero i parlamentarî rilevare gli sconcerti, e gl’inconvenienti, che dalla istituzione di questi magistrati, o piuttosto dallo abuso, ch’eglino fatto aveano dell’affidata podestà, erano nati, e nasceano alla giornata, per i quali parecchi mercadanti si erano ritirati dal trafficare, e parecchi erano falliti; di maniera che continuando ad esistere questi illimitati tribunali, che la sovrana mente [572] avea istituiti, per facilitare il commercio, era a temersi che questo, più presto che crescere, si sarebbe estinto (2381). Ecco una riprova, che tutto ciò che vien pensato dagli uomini, è soggetto ad inconvenienti non preveduti, e spesso diventa nocivo alla società ciò, che fu creduto utile. Volendo adunque il re rimettere nel regno il dovuto ordine, e regolare l’autorità de’ ministri incaricati del commercio, con suo real dispaccio, che fu poi comunicato dal vicerè, e rinviensi nel t. I. delle Sicole sanzioni (2382), abolì i consolati di mare, eccetto quelli di Palermo, e di Messina, che volle rinnovati ogni biennio, a’ quali prescrisse, che non potessero in avvenire ingerirsi, che nelle cause che riguardavano propriamente il commercio, cioè intorno alle controversie di sola mercatura, o fra gli stranieri, o fra questi, ed i regnicoli.
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Sicole Palermo Messina
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