Fu egli più volte avvertito a lasciar correre gli affari per le vie ordinarie, e perciò ristuccatosi alla fine, si astenne di più intrigarsi; le cose andarono nei tribunali come prima, e in breve ritornarono gli antichi abusi. Così è vero, che non si può dar riparo tutto in un tratto ai disordini, e che le risoluzioni violente non hanno il desiato effetto.
Fu la corte di Napoli molto lieta. La regina Maria Amalia dietro a tante femmine, che avea date alla luce, ai 13 di giugno partorì il desiato maschio, cui fu posto il nome di Filippo, e fu dato il titolo di conte di Calabria, e di duca di Randazzo. Giunse questa lieta notizia in Palermo a’ 17 dello stesso mese, e per allora furono rese nel duomo le grazie a Dio colla solita cappella reale, furono uditi gli spari delle artiglierie e delle soldatesche, e fu la città illuminata per tre continove sere. Il re Carlo, vedendosi nato il sospirato erede, ordinò che si facessero nella capitale, e in altre città del nostro regno dei festeggiamenti solenni, e promosse a varî gradi, così nel militare, [575] che nel politico, diversi soggetti rispettabili dei due suoi regni. Fra’ nostri si contarono tre magnati insigniti del real ordine di s. Gennaro, e sette gentiluomini di camera. Questo infante poi non fu l’erede dei regni del padre, come si dirà a suo luogo. Allora si promulgò il bando, con cui furono discacciati gli Ebrei (2386).
Volendo la deputazione del regno, che rappresenta gli ordini dello stato, addimostrare al re, quanto i Siciliani fossero sensibili a questo fausto avvenimento, elesse col consenso del vicerè, due ambasciadori, affinchè si portassero in Napoli, per rallegrarsi a nome della nazione col re, e colla regina della nascita dell’erede del regno.
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