Ma la festa la più cristiana, e la più gradita dal re, fu quella che diede il senato di Palermo a’ 7 dello stesso mese, quando portatosi alla chiesa di s. Francesco, trasse a sorte quaranta donzelle, figliuole di artisti palermitani, ch’erano concorse al numero di 1200, e diede a ciascheduna di esse un legato di 25 scudi, per maritarsi. Concorse ancora alla splendidezza di queste feste lo arrivo del cavalier Mirelli, ch’era venuto con due galee della sua religione di Malta, per fare il solito complimento a nome della medesima al duca di Laviefuille, per la sua esaltazione al viceregnato di Sicilia, il quale Mirelli diede pranzi, cene, e veglie superbe con balli nella capitana delle sue galee.
Finite le feste rivolse lo animo il vicerè a terminare lo affare appartenente ai frumenti, e a sollecitare la prammatica intorno al traffico dei medesimi. Questa adunque fu promulgata a’ 20 di dicembre in diciannove articoli (2388), la sostanza dei quali è: 1° che niuno, che non abbia feudi, o proprî, o presi in affitto per coltivarli, potesse fare contratti di vendizione alla meta, dichiarandosi nulli tutti gli atti fatti da’ medesimi co’ compratori, i quali doveano perdere il denaro sborsato a vantaggio del fisco, e coloro che vendeano senza aver feudi, o territorî seminati, erano condannati a pagare il doppio, a profitto della camera del re: 2° che gli sborsi non potessero farsi coll’assicurazione del pegno, nè cautelarsi con due contratti, l’uno di meta, e l’altro di mutuo: 3° che non si potesse far contratto di compra, e vendizione di frumento con certo lucro antecedentemente fissato.
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