Terminato lo affare di Messina, pensò questo vicerè a restituirsi nella capitale (ne era egli stato stimolato più volte dal sovrano), e prese la via di terra, con animo di visitare alcune altre città, e darvi, come avea fatto nello andare a Messina, le giuste provvidenze. Mentre stavasene a Nicosìa sottoscrisse una prammatica, come ne avea ricevuti replicati ordini dal re, contro i giuochi di azzardo, che sono tutti in essa legge di uno in uno nominati, prescrivendosi le pene a’ delinquenti. Ma siccome in quella città non vi era stamperia, con suo dispaccio de’ 2 di dicembre la spedì al presidente della gran corte, marchese Buglio, ordinandogli che la pubblicasse colle stampe, come fu fatto a’ 19 dello stesso mese.
[585] Avvicinossi intanto questo governante a Palermo, e vi arrivò a’ 23 dello stesso mese di dicembre. La sua entrata fu fatta nella medesima maniera, come si costuma allo arrivo de’ nuovi vicerè. Essendo egli stato confermato nel viceregnato, scorso già il secondo triennio, e desiderando i Palermitani ardentemente il di lui ritorno, gli furono fatti tutti i possibili onori, come se allora venisse a governare il regno. Arrivato alla Bagaria, o Baccaria, si trattenne nella casina del principe di Butera. Furono destinati due ambasciadori dal senato di Palermo, cioè i principi Lanza, e di Cammaratino, che venivano accompagnati dal ceremoniere, da’ contestabili di questo magistrato, e da’ senatori, oltre molti cavalieri parenti, ed amici, ch’esser vollero della partita.
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