Tre erano le ordinazioni in esso comprese; l’una riguardava i regali, ch’elleno faceano ai loro confessori, la seconda la pompa dei monacati, o di giorno, o di sera, e la terza lo accostarsi dei regolari alle loro grate. Prescrisse adunque in primo luogo alle medesime, sotto la pena di scomunica, da incorrersi issofatto, di non potere dar nulla, per quanto menomo fosse, neppure a titolo di limosina, ai loro confessori, e a questi inflisse la sospensione dagli ordini, se ricevevano dalle medesime dono, o limosina alcuna. Ordinò in secondo luogo, che i monacati, e le professioni non si potessero fare [592] che di mattina, e ciò sotto la stessa pena di scomunica a sè riserbata, proibendo ogni, e qualsivoglia invito, così nelle chiese, che nei parlatorî delle monache. Finalmente interdisse ai regolari, sotto la scomunica maggiore da incorrersi issofatto, e riserbata a sè, di poter parlare colle monache, senza la previa sua licenza.
Questo terribile editto costernò, e pose in iscompiglio le monache della diocesi di Palermo. Non può negarsi che vi siano ne’ monasterî dei disordini, i quali meritano riparo, giacchè feriscono la disciplina monastica, e ledono ancora i voti, che le sacre vergini professano. Gli eccessivi regali, che elleno fanno ai proprî confessori, che il voto di povertà non comporta; la pompa, con cui si fanno i monacati, e le professioni, che hanno piuttosto un’aria di una festa secolaresca, che di un sacrificio, che fa la nuova sposa di Gesù Cristo, abbandonando interamente il mondo; e la frequenza alle grate con persone di ogni ceto, e di ogni età, sono abusi, che bisognava sradicare.
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Palermo Gesù Cristo
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