A’ 24 del mese ne fu fatta la solenne funzione, e la sera di esso giorno il marchese Fogliani diede nella galleria del regio palagio una festa di ballo, che fe poi replicare prima che questo generale partisse. Imitarono l’esempio di S.E. il principe di Paceco, cognato del ridetto balì Gaetani, il marchese di Spaccaforno, e il duca di Villarosa con altri cavalieri. Nè lasciò il generale suddetto in riconoscenza di tanti favori ricevuti dal vicerè, e dalla nobiltà, di trattarli lautamente con pranzi, feste, e cene a bordo delle galee, che comandava.
A colui che regge uno stato, ed ama di proteggere le scienze, non basta l’animare solamente i fervidi ingegni allo studio, bisogna ancora procurare loro i mezzi per potervi pervenire. Quanti talenti, che fatta avrebbono una luminosa comparsa nella repubblica delle lettere, per mancanza dei sussidî per vivere, o per provvedersi de’ libri necessarî, sono restati inoperosi, e immersi nella ignoranza, in cui nacquero? Al vantaggio perciò dei poveri studenti si sono nelle colte città erette delle pubbliche biblioteche, affinchè potessero ivi trarre quel profitto, che altronde ricavar non possono. Ora appunto mancava nella nostra capitale una pubblica libreria, dove potessero liberamente andarvi gli studiosi, per consultare i libri appartenenti alle scienze, che professavano. Molti cittadini tratti dall’amore della patria proposero questo utile stabilimento, ed ottenuta dal senato una rendita di settanta once all’anno, col permesso di S.E. il marchese Fogliani, che commendò altamente questo pensiero, si accinsero a questa impresa; e per darvi un principio, generosamente si spogliarono di una considerabile parte dei libri, che possedevano (2433). Mancava la casa, in cui potessero situarsi i libri, e darsi il luogo di studiare.
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