Qualunque ne fosse stata la ragione, o vera, o mendicata, il comandante delle galee, sotto il pretesto che i venti fossero contrarî, e il mare tempestoso, dopo di aver fatte poche miglia, ritornò addietro nel porto di Palermo, senza portarsi all’Ustica, per liberare, s’era possibile, quegli infelici. Il Fogliani allora non lasciò di rimproverarlo di codardia, e di farne delle doglianze alla corte, dove questo debole uffiziale fu posto a consiglio di guerra. Intanto il vicerè replicò più efficaci ordini, acciò tantosto il maestro razionale duca di Montalbo, che trovavasi incaricato delle fortificazioni di quell’isola, curasse la pronta esecuzione de’ sovrani ordini.
Continuava questo viceregnante ad essere la delizia della nazione; le sue dolci maniere, la sua generosità, la sua carità verso i poveri, e sopratutto l’animo suo sempre lontano dalle novità, che sogliono spesso essere perniciose, gli attiravano lo amore di tutti. Quindi ciascheduno si facea un dovere di venerarlo, nè vi era pubblica festa nelle case de’ nobili, alla quale non fosse egli invitato per onorarla; ed egli allo incontro con veglie, e pranzi tenea la nobiltà divertita, e attaccata a sè sinceramente. Questi sollievi, che dava a sè stesso, e al baronaggio, punto non impedivano ch’egli indefessamente non si occupasse alle cure del governo, e a procurare la felicità della Sicilia.
Ne diede egli le più chiare riprove nell’anno 1763, quando la Sicilia fu afflitta dalla carestia. La ricolta de’ grani era caduta in detto anno assai male, di modo che si calcolava che il prodotto non avrebbe potuto punto bastare per le sementi, e per alimentare il regno, e che sarebbevi stato ne’ mesi d’inverno un voto considerabile, ch’era necessario di riempiere.
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