Accrescea il bisogno la scarsezza de’ legumi, che aveano sofferta la medesima disgrazia. I benestanti, che sogliono mercanteggiare sopra la indigenza de’ poveri, o tenevano nascosti i loro prodotti, per trarne a miglior tempo un profitto maggiore, o ne richiedevano un prezzo esorbitante, che sorpassava le forze di quei meschini. Frequenti erano i ricorsi, che giungevano al governo, e il vicerè volendo ripararvi, consultò i ministri del real patrimonio. Questi furono di avviso, che fosse espediente di fissare un ragionevole prezzo a’ viveri di prima necessità, e di obbligare i possessori a venderli, come veniva prescritto. Affinchè poi costoro ubbidissero, suggerirono che fosse opportuno di scegliere tre commissarî generali (2439), uno per ciascheduna valle, così per obbligarli ad ubbidire, come [602] per sapersi con precisione quanti grani fossero di bisogno in ciascheduna delle valli, così per le sementi, come per nudrimento degli abitanti.
Questo suggerimento de’ ministri del tribunale del patrimonio, cui egli dovette uniformarsi, giusta le istruzioni, che avea dalla corte, come che fosse ottimo riguardo a farsi uno esatto esame di ciò, che bisognava al regno, fu nondimeno pessimo per conto del prezzo fisso datosi a’ frumenti. La libertà nelle vendite è quella, che produce l’abbondanza, e il limitarla fa accrescere la mancanza. Dispiacendosi i possessori della legge, che si vuol loro dare, amano meglio di seppellire i loro grani, persuasi che verrà il momento, in cui li esiteranno con profitto, e se talvolta ne vendono, lo fanno occultamente, e a quel prezzo, che piace loro, cui malgrado il divieto, fa d’uopo che tutti si accomodino nei bisogni, per non perire di fame.
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