Quattro furono le grazie, che si dimandarono in questa occasione al monarca. Fu la prima la conferma del marchese Fogliani nel viceregnato; la seconda, che degli sciabecchi, che si mantengono colle rendite delle abbazie soppresse di Sicilia, fossero privativamente comandanti i cavalieri siciliani; la terza, che fossero anche nobili di Sicilia gli uffiziali de’ due reggimenti di fanteria chiamati Siracusa, e Girgenti, per i quali si pagava dal regno il donativo di 80 mila scudi; la quarta finalmente riguardava la esazione del dritto chiamato di decima, e tarì, supplicandosi il re, che si compiacesse di farlo esigere dal collettore regio, senza darlo in affitto, e ciò affine di non desolare molte famiglie di baroni, che sarebbono crudelmente molestati per qualche debito, che aveano colla regia corte, da’ barbari affittatori.
      Due altre grazie particolari furono richieste in questa adunanza; l’una riguardava il senato di Trapani, e l’altra gli ecclesiastici. Il primo godea il titolo d’illustrissimo, ma non ne avea la concessione reale, e perciò dimandava, per togliersi in avvenire ogni contesa, che gli fosse accordato con dispaccio sovrano. I secondi venuti in cognizione che si pensava di mettere sopra tutti i beni una imposizione del cinque per cento, per ergere un monte, con cui potessero decentemente sostentarsi le vedove de’ militari, supplicarono il re, affinchè si compiacesse di liberare i loro fondi da questo peso.
      Correvano per le mani de’ giureperiti le decisioni della gran corte promulgate da Francesco Milanese, cittadino di Catania, ministro del real patrimonio, che visse nel secolo XVI, delle quali furono fatte due edizioni, l’una in Venezia l’anno 1595, e l’altra in Francfort l’anno 1600 (2452). Molte di esse decisioni furono riconosciute lesive a’ sacri diritti della monarchia, e perciò portatesene da zelanti della medesima le lagnanze al regio trono, ordinò il re, che il detto libro fosse pubblicamente bruciato per mano del carnefice.