Fu eseguito quest’ordine nella piazza Vigliena a’ 16 di aprile, e di poi per ordine del vicerè fu comunicato dal marchese Natoli presidente della gran corte, e fu intimata la pena di cinquecento scudi a tutti coloro, che o ritenessero, o leggessero, o allegassero ne’ tribunali le mentovate decisioni.
      I due sciabecchi, che si fabbricavano nel nostro terzanà colle rendite delle abbazìe, delle quali si è parlato nel racconto di quel, che accadde nello ultimo parlamento, e che chiamavansi l’uno santa Maria di alto fonte, e l’altro s. Maria l’Annunziata, erano già perfezionati, e doveano tirarsi in acqua. Fu destinato il dì 19 giugno per buttarsi il primo, e per questa funzione fu invitata S.E. colla numerosa nobiltà di dame, e di cavalieri, ma tanti furono gl’intoppi nel vararlo, che per quella mattina non fu possibile di ottenere lo intento. Fu più felice l’altro sciabecco, che si buttò a mare a’ 28 dello stesso mese; ma non intervennero nè il marchese Fogliani, nè la nobiltà, istruiti di ciò, ch’era loro avvenuto a’ 19 dello stesso mese. Questi due sciabecchi furono provveduti di tutto il bisognevole, e armati ciascheduno con venti pezzi di cannone. Lo equipaggio fu di 240 uomini. Partirono poi essi alla volta di Napoli a’ 23 di settembre. De’ due comandanti l’uno fu siciliano, cioè il cavaliere Federico Staiti, e l’altro era sardo di nazione, della famiglia Bologna, in guisa che non fu interamente ottenuta la grazia richiesta nel parlamento di questo anno a’ 7 di aprile.
      Fu in detto anno la Sicilia molestata da una compagnia di ladri, che cagionava considerevoli danni, e attraversava il suo interno commercio.