Un cordone di fanteria fu tirato dalla porta della Quinta Casa, sino al Molo, e inoltre a piccola distanza stava squadronata la cavalleria, e passavano in mezzo a’ soldati questi sventurati, e alla presenza de’ cinque ministri, ch’erano stati destinati per la loro espulsione. Può ognuno immaginarsi quanto fosse toccante questo luttuoso spettacolo. Portavano eglino stessi i loro fardelli da una mano, e dall’altra una pezzuola, colla quale rasciugavano le copiose lagrime, che spargevano da’ loro occhi. Il folto numero de’ cittadini, ch’era venuto al Molo spettatore di questa amara partenza, e soppratutto i parenti, e gli amici non seppero contenersi dal piangere la loro disgrazia. A loro mala sorte i venti erano contrarî, e dovettero stare a bordo ben due giorni. Finalmente partirono a’ 21 di dicembre in numero di cento quaranta sei. Restarono alla Quinta Casa guardati nello stesso modo i vecchi, e gli ammalati, che non potevano partire, senza pericolo di soccombervi nel viaggio, e quattordici sacerdoti non professi di quarto voto, che aveano assai prima dimandato a’ loro superiori il permesso di spogliarsi, e per cui si aspettava dalla real corte di Napoli la licenza di potere ritornare alle loro case. Restò a questa cagione nel porto uno sciabecco, ed una pifara, affine di trasportare questi, se il sovrano non accordava loro la permissione di restare.
Dal dì 29 di novembre in poi erano rimaste chiuse le pubbliche scuole in tutte le città, e terre, nelle quali eranvi i collegî de’ gesuiti, e questa soprassedenza dagli studî diveniva molto nociva alla pubblica educazione.
| |
Quinta Casa Molo Molo Quinta Casa Napoli
|