La risposta della real corte di Napoli intorno a quei gesuiti, ch’erano rimasti in Palermo, non fu del tutto favorevole. Volle il re che si facesse un più diligente esame sulle loro circostanze, e che fossero solo dispensati dal partire quelli, che veramente non poteano fare il viaggio, senza pericolo di morirvi. Perciò scartati i decrepiti, e gli infermi pericolosi, che non furono che intorno a venti, tutti gli altri furono costretti a partire, come fecero, al numero di ventotto, a’ 6 di gennaro 1768 portati dallo sciabecco, e dalla nave napolitana, ch’erano restati in porto. Toccante poi a’ 14 sacerdoti, che voleano dimettere l’abito, fu loro permesso; ma insieme furono eglino intimati a sortire da’ regni di sua maestà, non volendo il re verun gesuita, che fosse iniziato dei sacri ordini, ne’ suoi stati.
Non terminò con questo il rigore contro gli espulsi gesuiti; nuovi ordini fioccavano da Napoli. Noi abbiamo varî proclami pubblicati intorno ad essi dal marchese Fogliani, giusta le istruzioni ricevute dalla corte. Ai 26 dello stesso mese di gennaro se ne vide affisso ne’ cantoni della città uno, che prescrivea: 1° che tutti i gesuiti costituiti in sacris fossero espulsi dal regno, nonostante la rinunzia fatta del loro istituto: 2° che fosse vietato sotto la pena della reale indignazione ogni corrispondenza co’ medesimi, permettendosi solo quella co’ loro stretti congionti, che avessero eglino nominati, per riscuotere il vitalizio: e 3° che alcun gesuita non potesse entrare, o passare per gli stati delle due Sicilie.
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