Furono eletti per ministri di esso gli stessi, ch’erano stati eletti per la espulsione, trattone uno, in di cui vece fu sostituito il presidente della gran corte. Capo di essa giunta fu dichiarato il vicerè marchese Fogliani, come costa dal dispaccio dei 13 di febbraio dello stesso anno. Fu anche eletto un tesoriero, un maestro notaro, e un contatore, detto fra di noi volgarmente razionale. Essendosi indi considerato che non era ragionevole, essendo ecclesiastici questi beni de’ gesuiti, e trovandosi ancora le chiese soggette alla giunta, che ogni cosa si amministrasse per le mani de’ laici ministri, il re con dispaccio de’ 6 di luglio aggregò a questo magistrato i due arcivescovi di Palermo, e di Morreale, e in questa occasione, esclusi due de’ ministri che vi erano, ridusse questa giunta a cinque, cioè a due prelati, a due legali, e ad uno avvocato fiscale, assegnandole ancora un segretario per le lettere, che doveano necessariamente scriversi per il regno.
Noi non c’intratterremo di vantaggio nel descrivere tutti gli altri cambiamenti, che a misura delle circostanze, si sono poi fatti dal sovrano, avendo per ventura trattato, più che conveniva, questo argomento, nel che siamo degni di compatimento, giacchè questo è uno de’ più strepitosi fatti, che sia accaduto in questo secolo; avvenimento, che sorprese i viventi, e recherà meraviglia a’ posteri, potendosi appena concepire, come un corpo così rispettabile di religiosi, che [616] dominavano per tutte le corti di Europa, che aveano nelle mani quasi tutte le coscienze, ai quali era affidata la educazione della gioventù, e che per autorità, soggetti, e ricchezze risplendeano, fosse così presto, e come un baleno sparito.
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