Stava a cuore di questo viceregnante, e del senato, che in Palermo non mancasse la carne; e siccome il regno non potea supplire al bisogno, fu d’uopo che si spedisse in Barberia per comprarla. Il duca di Castellana pretore trovò nel Dey di Tunisi ogni possibile agevolazione, e quindi vennero molti giovenchi da quelle contrade nel mese di luglio. Questo espediente poco giovò [620] agl’interessi del senato. Questi animali erano assai piccoli, e appena superava uno di essi il peso di ottanta rotoli, di modo che per il consumo ordinario ne abbisognava un prodigioso numero, che non potè ottenersi; oltrachè il prezzo n’era esorbitante, il che apportava un considerabile danno all’azienda del senato, che non volle alterare punto l’antica meta. Si era prima pensato dal vicerè, e dal pretore di fare ingrassare i bovi, non più atti allo aratro come si costuma nello stato pontifizio, e particolarmente in Perugia, e se ne fece la prova con dodici di questi animali, che furono ben pasciuti, per lo spazio di quaranta giorni, tenendosi legati alle mangiatoie, perchè col moto non dimagrissero. Furono trovati in verità grassi, ma la spesa per mantenerli fu così eccessiva (2477), che recò più presto danno, che profitto all’annona. Nonostante con questi mezzi si venne a capo di non far mancare la carne in città.
      Nel mese di giugno promulgò il re un suo sovrano dispaccio, con cui, avendo a cuore la religione de’ suoi avi, vietò con severe pene certe operette perniciose a’ dommi della medesima, e al buon costume, che sotto diversi titoli, apparentemente onesti, o indifferenti, si erano nascostamente introdotte ne’ suoi stati (2478). Il marchese Fogliani, che fu incaricato di pubblicarlo nel regno di Sicilia, con suo viglietto de’ 31 di luglio ordinò al marchese Vincenzo Natoli, che lo facesse stampare, e leggere da’ banditori colle solite solennità, non meno nella capitale, che per tutte le città, e terre del regno, e affiggere ne’ consueti luoghi, affinchè niuno potesse allegare la menoma ignoranza.