Questo real dispaccio fu dallo stesso vicerè promulgato a’ 7 del seguente novembre. Siccome però dallo arcivescovo di Palermo, e dal vicario generale di Messina si erano proposti varî dubbî per l’intelligenza della legge data a’ parochi; cioè 1° se le vedove fossero in essa comprese; 2° come dovesse farsi, qualora il padre non sapesse scrivere; 3° se fosse necessario ancora il consenso della madre; 4° se in difetto del padre, dovesse ricercarsi quello dell’avo; 5° se morto il padre, dalla madre tutrice dovesse darsi il consenso; e 6° come dovesse farsi, quando [626] il padre fosse lontano dal luogo, dove si contraggono gli sponsali, o si trovasse fuori del regno; il re fin dagli 8 di settembre 1770 sciolse i detti dubbî, dichiarando 1° che le vedove s’intendessero comprese nella legge, quantunque per il primo matrimonio fossero sciolte per legge municipale dalla patria podestà; 2° che i padri, che non sanno scrivere, dovessero dare il consenso per gli atti di pubblico notaro; 3° che questo debba darsi soltanto da’ padri dello sposo, e della sposa, e nella mancanza solamente di essi, dagli ascendenti dell’uno, e dell’altra; 4° che non fosse necessario il consenso della madre, e che solo potesse ammettersi la opposizione della medesima, qualora sia giudicata ragionevole; 5° che non si dovesse riputare lontano il padre, che fosse nel regno, e che fosse vicino a ritornare; e 6° che nel caso di vera assenza non fosse necessario il consenso della madre, o dei congiunti, e che solo si dovesse ammettere la loro opposizione, purchè fosse giusta.
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Palermo Messina
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