Il Fogliani, che non volea tradire gl’interessi del regno, nè quelli de’ Siciliani, a’ 5 del mese volle tenere un congresso, in cui furono chiamati i ministri del patrimonio, e cinque baroni de’ più rispettabili del regno, per udire da loro cosa fosse espediente di fare. I ministri tennero fermo nel consiglio dato quasi tutti; ma molti di essi, e i baroni ancora furono di avviso, che per non far soggiacere a tante spese le barche venute, rimandandole vote, era bene di accordare alle medesime una limitata quantità di grani, e di aspettare di giorno in giorno le notizie del regno, per sentire se si potesse allargare la mano. Questo avviso non fu seguito; il vicere, cui stava a cuore la salvezza del popolo, ch’è la suprema legge, che dee aver presente ogni governante, volle prima sentire, se il regno fosse già provisto abbondantemente di grani, e trovando di no, anzi udendo che in qualche città era accaduto il tumulto per la mancanza del pane, negò assolutamente la tratta, malgrado gli sforzi de’ proprietarî, e de’ mercadanti.
Si sparse voce in Palermo nel mese di dicembre, che nella città di Terranova vi si fosse attaccata la peste, e che grande era il numero di coloro, che alla giornata se ne morivano; per lo che la città di Alicata, e molte altre vicine terre aveano interdetto ogni commercio colla detta, e si erano barricate. Questa notizia veniva confermata dalle lettere, che giungevano al governo. Il vicerè ne fe intesa la suprema deputazione di salute, la quale col piacere del medesimo spedì a quella volta il cavaliere Ferdinando [629] Logirot, affine d’indagare la verità di questo fatto; e trovandolo fondato, per dare le dovute provvidenze.
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