Nonostante tennero fermo, ma di poi ebbero ordine di ritornare al castello, come fecero, accompagnati dalle grida del popolaccio, che si facea beffe della loro creduta codardia. La cavalleria scendendo per il Cassero, Dio sa con qual cuore, avea alla testa Girolamo Filangeri, principe di Cutò, cavaliere benemerito, che comandava interinamente le armi. Trovò egli nella parte inferiore di questa strada la turba de’ sediziosi, armati col loro cannone, sul quale stava a cavallo Giuseppe Pozzo, detto per sopranome Nasca, che tenea nelle mani il ritratto del re, e gridava: viva il re, e fuori Fogliani. Allo avvicinarsi di questa truppa, Ignazio Sortino artigliere, che tenea la miccia accesa alle mani, già dava fuoco al cannone (2503); ma gli fu trattenuto il braccio da un altro, che riconobbe il principe di Cutò. Questo cavaliere presentendo il pericolo, si accostò a quella moltitudine, e salutandola col cappello, dichiarò ch’era un cittadino, nè veniva con altro animo, che con quello di procurare la quiete, e col carattere di amico, e cercò loro cosa mai bramassero, ch’ei sarebbe stato uno avvocato al governo per ottenere ciò, che ragionevolmente dimandassero. Le graziose maniere di questo magnate, che furono anche accompagnate dalle assicurazioni del capitan Castagnuola, disarmarono in un certo modo i sollevati, i quali subito gli restituirono alquanti fucili, che aveano presi a’ soldati, che stavano di guardia alla vicaria, e poi chiesero, per conchiudersi la pace intavolata, i seguenti patti, cioè: che il marchese Fogliani se ne partisse; che facesse ritirare le truppe; che mettesse i cannoni de’ baluardi vicino al palagio nelle mani de’ cittadini; che fosse esiliato il sindaco Corrado Lanza; e che la carica di pretore continuasse nella benemerita casa Gaetani, de’ principi del Cassero.
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