Promise, che avrebbe fatto loro ottenere ciò che dimandavano, il principe di Cutò, ma richiese, che gli fosse prima restituito il ritratto del sovrano, che tenea nelle mani il temerario Nasca; ma questa condizione non gli fu accordata, nonostante che questo cavaliere [635] si fosse servito di ogni stratagemma per indurre quell’ardito uomo a consegnarglielo (2504). Fu costretto intanto, per non più inasprirli, di non insistere in questa dimanda, e di fare ritirare la truppa, così la fanteria, che ritornò al castello, come abbiamo detto, che la cavalleria, che si restituì al quartiere; e intanto il vicerè fe anche rientrare nel regio palagio la fanteria, che stava schierata nella piazza. Il Cutò restossene co’ tumultuanti, per cercare di persuaderli a tranquillarsi. Continuò la moltitudine a marciare col suo cannone nel Cassero fino alla piazza Vigliena, ed ivi si fermò. Salì allora il Nasca col ritratto reale sulla panca, dove si vende l’acqua gelata, e animava la moltitudine a gridare: fuori il vicerè, fuori il sindaco, viva il re. Non volendo costui restituire il quadro del sovrano, si prese lo espediente di far venire in quella piazza il marchese Sortino, fratello del pretore, ed eletto alla stessa carica nel caso di morte, il quale sulle prime, non essendo stato conosciuto, corse rischio di essere ucciso da uno degli artiglieri; ma veduto dal Nasca, scansò il pericolo, e venuto a parlamento ebbe modo di strappare dalle mani di questi la effigie del monarca, a condizione però che fosse collocata nella sala del pretore, come fu eseguito.
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