Allora viddimo ciò, che avevamo sentito raccontare da’ nostri avi nella sollevazione del 1647, cioè che sedessero insieme, senza distinzione di persone, i consoli co’ più cospicui cavalieri della città. Radunati tutti nell’anticamera dello arcivescovo, ed assisi alla rinfusa, monsignore rappresentò loro il deplorabile stato, in cui trovavasi la città, dipinse il pericolo imminente, che non fosse la notte saccheggiata da’ sollevati, che non cercavano, che bottinare, e raccomandò alla loro sperimentata fedeltà il servigio del sovrano, e la sicurezza de’ particolari. Sulle prime fecero eglino il viso arcigno, e ricusarono di framettersi in questo affare, giacchè diceano, che doveano badare alla custodia delle loro case; ma le soavi parole del loro pastore, e le ragioni, che adducevano quei cavalieri, i quali faceano loro toccare con mani, che la sicurezza delle loro famiglie dipendea principalmente da quella della città, cominciarono a farli piegare al buono, ed a persuaderli che tornava loro a conto il salvare la città. Furono dunque date la provvidenze per la notte seguente, ed eglino si obbligarono a far le ronde co’ loro consolati, dividendosi nei diversi quartieri.
Date queste disposizioni, i consoli stessi proposero, che gioverebbe moltissimo alla quiete del popolo, che lo amabile monsignore si facesse vedere dal medesimo. Questa proposizione fu unanimamente approvata, e lo arcivescovo, volendo dalla sua parte contribuire alla tranquillità pubblica, accompagnato da’ ridetti consoli, dalla nobiltà, e da molto clero, sulle ore 23, previa la croce arcivescovale, scese per il Cassero, benedicendo il popolo.
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Cassero
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