Fu questo spettacolo assai [636] tristo: un tetro silenzio osservavasi lungo tutta la via; vedeasi il folto popolo disperso per quella strada, e per lo più coperto di mantelli, ch’era indizio che la maggior parte fosse di sotto armata, ed ogni cosa spirava mestizia, e malcontentamento. Arrivato Mr. Filangeri presso alla chiesa di s. Giuseppe, il duca di Misilmeri, Emanuele Bonanno, uno de’ più saggi cavalieri, gli suggerì, ch’era opportuno ch’ei parlasse al popolo, e che il pubblico lo desiderava. Accudì a questo consiglio il buon prelato, e montato nella piazza Vigliena su quella stessa panca, dove era stato lo infame Nasca, fe un sermone, che intenerì la moltitudine, rappresentando che non era permesso a’ sudditi il prender le armi contro il governo, e che allor quando si sentivano gravati, vi erano tanti mezzi onesti da fare arrivare le loro doglianze a chi reggea, il quale non avrebbe intralasciato di sollevarli. Si esibì egli come mediatore presso il governo, per ottener loro quanto avessero giustamente dimandato, e li esortò a ritirarsi alle loro case per badare ai proprî interessi, tale essendo la volontà del sovrano. Ricercò da essi la promessa, che avrebbono ubbidito, e dopo che a piene voci dissero di sì, commendò la loro fedeltà, e li benedisse. Ciò fatto scese dalla bigoncia, e collo stesso ordine ritornò al suo palagio.
Parve allora, che le parole del pastore avessero fatta quella impressione, che si desiderava; la notte passò senza strepito, ciascheduno si ritirò, e i consolati rondando per la città, non trovarono dappertutto che una somma quiete.
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