Gli ottimi regolamenti datisi nella capitale, l’assidua assistenza fatta da’ collegi degli artisti, per la quale era ritornata la calma in Palermo, e le frequenti preghiere dello arcivescovo governante, del senato, del sacro consiglio, e della deputazione del regno, che [646] imploravano grazia, e indulgenza a’ rei, fecero piegare ad accordarla il per altro clementissimo animo di Ferdinando III. Giunsero quattro lettere del ministro marchese Tanucci, tre dirette a Mr. Filangeri, e l’altra al senato di Palermo in data de’ 21 di ottobre, colle quali appalesò il regio gradimento per le fatiche fatte dagli artisti, e per lo zelo mostrato da’ medesimi nel procurare la tranquillità di Palermo, e la inclinazione della maestà sua di risparmiare gl’innocenti, e di salvare questa sua amata città. Siccome poi l’assistenza continua, che faceano i collegi delle arti pregiudicava di molto a’ loro interessi, ch’erano così distratti dai proprî mestieri, fe sapere al ridetto prelato, e al senato, che avea ordinato, che due battaglioni di soldatesche venissero a rilevarli dal peso delle continove guardie, i quali però avea voluto, che andassero direttamente nella vicina città di Termini, comandando ai comandanti, che non venissero a Palermo, se non quando lo arcivescovo governante, e il pretore, credendoli utili alla quiete della capitale, e di sollievo alle maestranze, veli avessero chiamati. Dichiarò finalmente, che il re era contento, che si spedissero in Napoli due magnati per ottenere il solenne perdono.
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