Non si debbono commettere errori nella vita di «questa» Betsey Trotwood. I sentimenti di lei, poverina, non debbono esser presi alla leggera. Si deve guidarla bene, e bene avvertirla di non aver scioccamente fiducia di chi non la merita. A questo ci penserò io.
A ciascuna di queste sentenze la signora Betsey aveva scosso il capo, come se i torti da lei sofferti si fossero ridestati in lei, ed essa si fosse sforzata di non alludervi più chiaramente. Almeno così sospettò mia madre, mentre l’osservava al tenue chiarore del fuoco: troppo paurosamente soggiogata dalla signora Betsey, e troppo sofferente e sconvolta per conto proprio, per osservar qualcosa con chiarezza e saper ciò che dire.
– E Davide era buono con te, piccina mia? – chiese la signora Betsey, dopo essere stata un po’ in silenzio, cessando dallo scuotere il capo. – Stavate bene insieme?
– Eravamo felici – disse mia madre. – Mio marito anzi era troppo buono per me.
– Ti viziava forse? – rispose la signora Betsey.
– Ora che sono di nuovo sola e padrona di me in questo tristo mondo, temo di sì – singhiozzò mia madre.
– Su! Non piangere! – disse la signora Betsey. – Non eravate bene appaiati, piccina mia... Chi sa poi se due persone possano mai essere bene appaiate... ecco perché t’ho fatto questa domanda. Tu eri orfana, non è vero?
– Sì!
– Facevi la governante?
– Ero governante in una famiglia frequentata dal signor Copperfield. Il signor Copperfield era molto gentile con me, e mi prese molto a cuore, e si mostrò molto sollecito del mio bene, e finalmente domandò la mia mano.
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