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      – Davide, col suo denaro – essa disse, dopo un poco – s’era costituita una rendita vitalizia, a quanto so. Che cosa ti ha lasciato?
      – Mio marito – disse mia madre, rispondendo con qualche difficoltà – ebbe tanta considerazione e fu così buono per me da assicurarmene la successione di una parte.
      – Quanto? – chiese la signora Betsey.
      – Centocinque sterline all’anno – disse mia madre.
      – Avrebbe potuto far peggio – disse mia zia. La parola era appropriata al momento. Mia madre aveva tanto peggiorato che Peggotty, entrando col vassoio del tè e le candele, e vedendo a un’occhiata come stava la padrona – la signora Betsey se ne sarebbe accorta prima, se ci fosse stata abbastanza luce – la trasportò in gran fretta nella camera del primo piano, e mandò immediatamente Cam Peggotty, suo nipote, che da alcuni giorni era rimasto nascosto in casa, all’insaputa di mia madre, come speciale messaggero in caso di necessità, a chiamare l’infermiera e l’ostetrico.
      Queste potenze alleate furono alquanto meravigliate, arrivando a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, di trovare seduta, accanto al fuoco una signora sconosciuta, di sinistro aspetto, che aveva il cappellino legato intorno al braccio sinistro, e si tappava le orecchie con dell’ovatta. Stava nel salotto come una specie di mistero, perché Peggotty non sapeva nulla di lei, e mia madre non le aveva detto nulla: e il fatto che ella portava in tasca un magazzino di ovatta, e se la ficcava a quel modo nelle orecchie, non diminuiva la solennità della sua presenza.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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