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      Il dottore, salito un momento su e tornato giù, e persuaso, forse, di dover lui e quella ignota signora rimaner probabilmente lì a faccia a faccia per alcune ore, si dispose a esser cortese e socievole. Egli era il più mite e il più dolce degli ometti: usciva ed entrava di lato in una stanza, per occupar meno spazio; camminava con la leggerezza dello Spettro nell’Amleto e con maggiore lentezza; portava la testa da una banda, un po’ per una timida speranza di propiziarsi gli altri. È nulla affermare che non avrebbe detto una cattiva parola a un cane: non avrebbe detto una parola a un cane arrabbiato. Avrebbe potuto dirgliene una gentile, o una metà, o un frammento, perché aveva le parole lente, come i passi; ma non si sarebbe mostrato con esso rude, né più svelto, per nessuna ragione al mondo.
      Il signor Chillip, guardando dolcemente mia zia con la testa da un lato, e facendole un inchino, disse, alludendo all’ovatta, e toccandosi pianamente l’orecchio:
      – Un po’ d’irritazione locale, signora?
      – Che cosa? – rispose mia zia, tirandosi il cotone da un orecchio come avrebbe fatto con un turacciolo.
      Il signor Chillip fu così sorpreso da quella durezza – com’egli dopo raccontò a mia madre – che fu un miracolo se non perse la calma. Ripeté con dolcezza:
      – Un po’ d’irritazione locale, signora?
      – Che discorsi! – rispose mia zia, e si tappò di nuovo, con rapido gesto.
      Il dottor Chillip dopo questo non poté far altro che sedere e guardarla timidamente, mentre essa sedeva e fissava il fuoco, finché non fu richiamato su.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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