Che ella, tenendolo stretto per il bavero della giacca, lo aveva fatto marciare innanzi e indietro (come se avesse preso troppo laudano), e a volte scotendolo, scompigliandogli i capelli, gualcendogli la camicia, e tappandogli le orecchie, come, se fossero state le proprie, e malmenandolo in tutti i modi. Questo in parte venne confermato da sua zia, che lo vide all’una dopo mezzanotte, non appena libero, e osservò che in quel momento egli era più rosso di me.
Il mite dottor Chillip non poteva in una simile occasione serbar rancore per nessuno, se mai ne fosse stato capace. Entrò di sbieco nel salotto non appena poté, e, nel suo tono più dolce, disse a mia zia:
– Bene, signora, son felice di farvi le mie congratulazioni.
– Per che cosa? – disse rigidamente mia zia.
Il signor Chillip fu di nuovo sorpreso dall’estrema severità delle maniere di mia zia; così le fece un piccolo inchino e le rivolse un sorriso, per addolcirla.
– Misericordia! Che cosa fa quell’uomo? – esclamò mia zia. – Non può parlare?
– Un po’ di calma, mia cara signora – disse il signor Chillip, col suo accento più dolce – Non v’è più ragione di agitarsi, signora. Calma!
Il fatto che mia zia non scrollasse il dottore fino a cavargli di bocca ciò che aveva da dire, è stato considerato straordinario. Soltanto si mise a scuotere il capo con uno sguardo da farlo impallidire.
– Bene, signora – ripigliò il signor Chillip, tosto che ebbe ripreso coraggio; – son felice di farvi le mie congratulazioni. Tutto è finito, signora, e finito bene.
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Chillip Chillip Chillip Chillip
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