Peggotty col suo lavoro d’ago si sentiva tanto ad agio col suo San Paolo e il suo moccolo di cera, che sembrava non avesse mai dimorato sotto diverso tetto. Cam, che m’aveva dato una prima lezione di giuoco, con un mazzo di carte sudice, tentava di ricordarsi il metodo di indovinar la ventura con le stesse carte, e lasciava l’impronta del pollice su tutte quelle che voltava. Il pescatore Peggotty fumava la pipa.
– Signor Peggotty! – dico io. – Signorino – dice lui.
– Avete dato a vostro figlio il nome di Cam, perché abitate in una specie d’arca?
Il pescatore parve assorto in un’idea profonda, ma rispose:
– No, signore. Il nome non gliel’ho dato io.
– Chi glielo ha dato, allora? – dissi, facendogli la domanda numero due del catechismo.
– Suo padre, signorino – disse il pescatore Peggotty.
– Credevo che suo padre foste voi!
– Suo padre era mio fratello Giuseppe – disse il pescatore Peggotty.
– Morto, signor Peggotty – accennai dopo una pausa rispettosa.
– Annegato – disse il pescatore Peggotty.
Fui molto meravigliato che il pescatore Peggotty non fosse il padre di Cam, e cominciai a domandarmi se similmente non m’ingannassi sulle sue relazioni di parentela con tutti gli altri presenti. Ero tanto curioso di saperlo, che risolsi di farmelo dire.
– E l’Emilietta – dissi, dandole un’occhiata – non è vostra figlia, signor Peggotty?
– No, signore. Suo padre era mio cognato Tommaso.
E non potei fare a meno dall’accennare, dopo un’altra rispettosa pausa:
– Morto, signor Peggotty.
– Annegato – disse il pescatore.
| |
San Paolo Peggotty Peggotty Signorino Cam Peggotty Giuseppe Peggotty Peggotty Peggotty Peggotty Cam Emilietta Peggotty Tommaso Peggotty
|