Me ne dispiace molto per lei, ma pensavo che v’erano momenti in cui sarebbe stato molto più comodo per tutti se la signora Gummidge avesse avuto uno speciale appartamento per sé ove ritirarsi ad attendere che le venisse un po’ di buon umore.
Il pescatore Peggotty si recava a volte in una bettola chiamata «Lo spirito compiacente». Lo seppi perché c’era andato la seconda o la terza sera della nostra visita e perché la signora Gummidge, fra le otto e le nove, si mise a guardare l’orologio olandese, dicendo che lui si tratteneva certo nella bettola, e, peggio ancora, ch’ella fin dalla mattina aveva indovinato che ci sarebbe andato.
La signora Gummidge s’era mostrata depressa per tutta la giornata, ed era scoppiata in pianto la mattina, perché il focolare faceva fumo. «Io sono una povera donna sola e abbandonata», eran le parole della signora Gummidge in simili occasioni, «e tutto mi va di traverso».
– Oh, fra qualche momento finirà – disse Peggotty, intendo di nuovo Peggotty mia – e poi, sai, secca anche a noi come a te.
– Io lo sento di più – disse la signora Gummidge.
Era un giorno rigidissimo, con taglienti raffiche di vento. L’angolo occupato dalla signora Gummidge accanto al fuoco mi sembrava il più comodo e il più riparato, come la sua sedia che era certamente la più comoda, ma quel giorno non ne era soddisfatta e si lagnava continuamente del freddo, che le metteva dei brividi nella schiena. Finalmente si mise a piangere, dicendo ch’era una povera donna sola e abbandonata e che tutto le andava di traverso.
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