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      – Veramente fa freddo – disse Peggotty. – Tutti lo sentiamo.
      – Ma io lo sento più degli altri – disse la signora Gummidge.
      E lo stesso a desinare. La signora Gummidge era sempre servita immediatamente dopo di me, che avevo gli onori dell’ospite privilegiato. Ella osservò che il pesce era piccolo e spinoso, che le patate erano bruciate. Tutti osservammo che veramente era un peccato; ma la signora Gummidge disse che per lei era peggio, e si mise di nuovo a piangere, ripetendo con grande amarezza che lo sentiva più degli altri.
      Per conseguenza, quando verso le nove rientrò il pescatore Peggotty, la disgraziata signora Gummidge lavorava alla calza nel suo cantuccio in uno stato di grande infelicità. Peggotty aveva lavorato allegramente; Cam s’era occupato a rammendare un paio di scarponi da acqua; e io, con l’Emilietta al fianco, avevo letto qualche cosa a tutti. La signora Gummidge non aveva nel frattempo emesso che un sospiro di desolazione, e dopo il tè non aveva più levato gli occhi dai ferri.
      – Bene, cari – disse il signor Peggotty mettendosi a sedere; – come si va?
      Tutti gli rispondemmo qualche cosa o lo guardammo con simpatia per dargli il benvenuto; ma la signora Gummidge si limitò soltanto a scuotere il capo sulle calze.
      – Che c’è? – disse il pescatore Peggotty, con uno schiocco delle mani. – Allegra, sposina.
      Alla signora Gummidge non parve possibile mostrarsi allegra. Trasse un vecchio fazzoletto di seta nera e si asciugò gli occhi; ma invece di rimetterselo in tasca, se lo tenne in mano, e se li asciugò di nuovo, e se lo tenne ancora in mano, pronta a servirsene di nuovo.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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