– Che c’è, mia cara Gummidge? – disse il pescatore Peggotty.
– Niente – rispose la signora Gummidge. – Tu esci dallo «Spirito compiacente», Daniele?
– Ebbene, sì, stasera mi son trattenuto un po’ allo «Spirito compiacente» – disse il pescatore Peggotty.
– Mi dispiace che sia io a mandartici – disse la signora Gummidge.
– Mandarmici! Ma non ho bisogno d’esserci mandato – rispose il pescatore Peggotty con un onesto sorriso. – Ci vado tanto volentieri.
– Volentierissimo – disse la signora Gummidge, scotendo la testa e asciugandosi gli occhi. – Sì, sì, volentierissimo. Mi dispiace che per causa mia tu ci vada tanto volentieri.
– Per causa tua! Non è per causa tua – disse il pescatore Peggotty. – Non ti mettere queste idee in testa.
– Sì, sì, proprio così – esclamò la signora Gummidge. – Mi conosco io. So che sono una povera donna sola e abbandonata, e che non solo ogni cosa mi va di traverso, ma che io vado di traverso a tutti. Sì, sì, io lo sento più degli altri, e lo mostro di più. È la mia disgrazia.
Veramente non potevo fare a meno dal pensare, assistendo a quella scena, che la disgrazia s’estendeva, oltre che alla signora Gummidge, agli altri componenti della famiglia. Ma il pescatore Peggotty non rispose così, incoraggiò soltanto la signora Gummidge a lasciare da parte le malinconie e a stare allegra.
– Io non so ciò che vorrei essere – disse la signora Gummidge. – Mi conosco io. Le mie pene m’hanno fatto diventare noiosa. Io sento le mie pene, e so che mi fanno noiosa. Vorrei non sentirle, ma non posso.
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