– Peggotty – dissi atterrito. – Che c’è?
– Nulla, Dio ti benedica, caro Davy! – ripeté Peggotty.
– Sì, perché non è venuta ad aspettarmi al cancello, e perché siamo entrati qui? Oh, Peggotty! – I miei occhi erano gonfi, e sentivo d’esser sul punto di stramazzare al suolo.
– Dio ti benedica, caro piccino! – esclamò Peggotty, sostenendomi. – Che hai? Parla, tesoro mio!
– Non è morta! Oh, non è morta, Peggotty? Peggotty gridò «No», con uno stupefacente volume di voce, e poi si sedette e cominciò col respiro mozzo a dire che le avevo fatto venire un colpo.
Io le diedi un abbraccio da farle andar via il colpo, o da darle un altro colpo nella direzione giusta, e poi me le piantai dinanzi, guardandola con un’ansiosa domanda negli occhi.
– Vedi, caro, avrei dovuto dirtelo prima – cominciò Peggotty – ma non ne ho avuto l’occasione. Avrei dovuto farlo, forse, ma non ho saputo decidermi.
– Continua, Peggotty – dissi, più spaventato di prima.
– Caro Davy – disse Peggotty, sciogliendosi il cappello con un gesto energico, e parlando quasi come se le mancasse il respiro. – Che credi mai, tu hai un papà!
Tremai, e diventai bianco. Qualche cosa – non so che, o come – connesso con la tomba del cimitero e il risveglio dei morti, parve colpirmi come una raffica insana.
– Uno nuovo – disse Peggotty.
– Uno nuovo? – ripetei.
Peggotty fece come l’atto d’inghiottire qualche cosa che non volesse passare, e, porgendomi la mano, disse:
– Vieni a vederlo.
– Non voglio vederlo.
– E la mamma? – disse Peggotty.
Non indietreggiai più, e andammo di filato nel salotto di cerimonia, dove essa mi lasciò. Da un lato del focolare stava mia madre; dall’altro il signor Murdstone.
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Dio Davy Peggotty Peggotty Peggotty Peggotty Peggotty Peggotty Davy Peggotty Peggotty Peggotty Murdstone
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