Da quel momento, la signorina Murdstone custodì le chiavi nella sua piccola prigione portatile tutto il giorno, e sotto il cuscino tutta la notte, e mia madre non ebbe da far con loro più di quanto avessi da farvi io.
Mia madre non tollerò la cessione della sua autorità senza almeno un’ombra di protesta. Una sera che la signorina Murdstone era stata occupata col fratello a sviluppare certi suoi progetti domestici, che egli pienamente approvava, mia madre a un tratto cominciò a piangere, dicendo che ella credeva avrebbe potuto esser consultata.
– Clara! – disse gravemente il signor Murdstone. – Clara, tu mi fai stupire.
– Oh, tu dici bene che ti faccio stupire, Edoardo, – esclamò mia madre, – e parli molto bene di fermezza, ma neanche a te piacerebbe una cosa simile!
La fermezza era il gran perno sul quale il signore e la signorina Murdstone piantavano il loro seggio. Non so come avrei spiegato, allora, quella loro fermezza, se fossi stato chiamato a dire la mia opinione: ma a mio vedere era un sinonimo di tirannia, e di un certo umore tristo, arrogante e diabolico che li decorava entrambi. Il suo credo, come direi ora, era questo. Il signor Murdstone era fermo; nessuno intorno a lui doveva essere così fermo; nessun altro intorno poteva essere fermo, perché tutti dovevano piegarsi alla sua fermezza. La signorina Murdstone era un’eccezione. Poteva esser ferma, ma soltanto per parentela, e in un grado inferiore e tributario. Mia madre era un’altra eccezione. Poteva e doveva esser ferma; ma soltanto nel sopportare la loro fermezza, e fermamente credere che non vi fosse altra fermezza al mondo.
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