Giovanna, io non ho nulla da osservare. Sarei disperata, se tu pensassi di andartene... – Mia madre era troppo spossata per poter continuare.
– Giovanna Murdstone – disse il signor Murdstone a sua sorella – non è nelle nostre consuetudini, credo, scambiarci amare parole. Non per colpa mia è avvenuto, stasera, questo straordinario incidente. Neppure per colpa tua. Vi sei stata trascinata da un’altra persona. Cerchiamo di dimenticarlo. E siccome questa – egli aggiunse, dopo queste magnanime parole – non è una scena per il ragazzo... Davide, va’ a letto.
Per le lagrime che mi velavano gli occhi, potei appena trovar la porta. Ero afflitto dall’angoscia di mia madre; ma uscii a tentoni, e a tentoni salii fino alla mia camera buia, senza neanche aver l’animo di dir buona sera a Peggotty e di farmi dare una candela. Quando ella venne a cercarmi, qualche ora dopo, e mi svegliò, mi disse che mia madre era andata a letto piangendo, e che il signore e la signorina Murdstone erano rimasti soli nel salotto.
Discendendo la mattina più presto del solito, mi fermai fuori della porta del salotto, sentendo la voce di mia madre. Essa supplicava solennemente e umilmente il perdono della signorina Murdstone, che glielo accordò; e allora avvenne una perfetta riconciliazione. D’allora non seppi mai che mia madre desse il suo parere in qualche cosa, senza prima appellarsi al signor Murdstone, o senza prima accertarsi con qualche infallibile mezzo dell’opinione della signorina Murdstone; e non vidi mai la signorina Murdstone, quando era di cattivo umore (sua infermità usuale), muovere la mano verso il sacco, come in procinto di estrarne le chiavi e rassegnarle a mia madre, senza veder mia madre terribilmente sgomenta.
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