Ecco che se muovo un dito o allento un muscolo della faccia, mi sento nelle costole, che ne dolorano, il libro di preghiere della signorina Murdstone.
Sì, ecco ancora, durante il nostro ritorno a casa, noto alcuni vicini che guardano me e mia madre, e si bisbigliano qualche cosa. Mentre i tre passano a braccetto, e io rimango un po’ indietro solo, ecco che seguo qualcuno di quegli sguardi, e mi domando se realmente il passo di mia madre sia così leggero come a me sembra, e se realmente la gaiezza della sua bellezza sia quasi svanita. Ecco, mi domando se qualcuno dei vicini ricordi, come ricordo io, che noi solevamo tornare a casa insieme, mia madre e io; e in tutta l’uggiosa e oscura giornata non faccio che domandarmi la stessa cosa.
S’era parlato qualche volta di mandarmi in convitto. Il signore e la signorina Murdstone avevano avviato il discorso, e mia madre aveva naturalmente fatto buon viso alla proposta. Nulla, però, era stato ancora stabilito.
Mi sarà dato di dimenticar mai quelle lezioni? Erano presiedute nominalmente da mia madre; ma in realtà dal signor Murdstone e dalla sorella che non mancavano mai, e coglievano il destro per impartire a mia madre molte lezioni di quella sciagurata fermezza, che era il tormento delle nostre due vite. Credo che fossi trattenuto a casa a bella posta. Avevo imparato abbastanza facilmente, e con abbastanza buona volontà, quando aveva vissuto solo mia madre. Ho ancora un vago ricordo del tempo in cui apprendevo l’alfabeto sulle sue ginocchia.
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