Il signor Murdstone fa un moto d’impazienza, che da lungo tempo ho atteso. La signorina Murdstone lo ripete. Mia madre volge loro una timida occhiata, chiude il libro, e me lo calcola come un arretrato da soddisfare quando avrò finito gli altri compiti.
V’è in breve un mucchio di simili arretrati che si gonfia come palla di neve su una china. Più grande si fa il mucchio, e più io divento stupido.
Il caso è così disperato, e io m’avvoltolo in un così vasto pantano di stupidità che rinunzio a ogni idea di uscirne, e m’abbandono al mio fato. La maniera disperata con cui ci guardiamo io e mia madre, quando dico uno scerpellone, è uno spettacolo veramente melanconico. Ma il maggiore effetto di queste lamentevoli lezioni si ha quando mia madre (credendo che nessuno la osservi) tenta, col movimento delle labbra, di darmi l’imbeccata. In quell’istante, la signorina Murdstone, che per null’altro è rimasta così a lungo in agguato, dice in tono di solenne avvertimento:
– Clara!
Mia madre dà un balzo, arrossisce, e sorride debolmente. Il signor Murdstone si leva dalla poltrona, piglia il libro, me lo scaglia contro o mi tira le orecchie, mi afferra per le spalle e mi caccia fuori della stanza.
Anche quando la lezione è finita, non è ancora arrivato il peggio nella forma d’una formidabile moltiplicazione inventata a bella posta per me e a me oralmente presentata dal signor Murdstone; moltiplicazione che comincia: «Se vado in una bottega di formaggio, e compro cinquemila formaggi di Gloucester a quarantacinque centesimi l’uno, quanto debbo pagare in tutto?
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