– Credi che a Edoardo facesse male, Clara? – chiese gravemente il signor Murdstone.
– Questo è il punto – disse sua sorella. A questo mia madre rispose:
– Certo, mia cara Giovanna – e non disse altro.
Una certa apprensione mi avvertì che in quel dialogo io fossi personalmente interessato, e cercai lo sguardo del signor Murdstone, che si fissava nel mio.
– Ora, Davide – egli disse, e gli vidi, mentre parlava, quell’ombra di strabismo: – oggi devi stare molto più attento del solito. – Soppesò di nuovo la bacchetta, e di nuovo la scosse; e dopo questi preparativi, se la mise accanto con uno sguardo abbastanza espressivo, e prese in mano il libro.
Tutto questo, come principio, servì mirabilmente a rinfrescare la mia scioltezza di spirito. Vidi le parole della mia lezione svanire, non a una a una, o riga per riga, ma a interi paragrafi; tentai di fermarli; ma sembrava, se così mi posso esprimere, che avessero calzato un paio di pattini, e s’allontanassero con una scorrevolezza irrefrenabile.
Avevamo cominciato male, e continuammo peggio. Ero arrivato piuttosto con l’idea di segnalarmi, credendo d’esser molto ben preparato; ma mi ero grossolanamente ingannato. Un libro dietro l’altro aggiunse qualche cosa alla mora degli arretrati, mentre la signorina Murdstone fermamente vegliava. E quando arrivammo finalmente ai cinquemila formaggi (mutati in bacchette per quel giorno, rammento) mia madre scoppiò a piangere.
– Clara! – disse la signorina Murdstone, col suo tono d’ammonimento.
– Credo di non sentirmi bene, mia cara Giovanna – disse mia madre.
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