Era anche una specie di affetto comico; e pure, se ella fosse morta, non so che cosa avrei fatto, o come mi sarei comportato nella tragedia che quel caso avrebbe per me rappresentato.
La mattina appresso apparve come al solito la signorina Murdstone, e mi disse che dovevo andare in convitto: cosa non nuova per me, come essa ignorava. Mi informò inoltre che quando mi fossi vestito, dovevo andar giù nel salotto a colazione. Trovai colà mia madre, molto pallida e con gli occhi rossi: corsi a gettarmi nelle sue braccia chiedendole perdono dal profondo della mia anima sofferente.
– Oh, Davy! – mi disse. – Hai potuto far male a una persona alla quale io voglio bene! Cerca d’esser migliore, ti raccomando d’esser migliore. Io ti perdono; ma sono così rattristata, Davy, che tu porti in cuore tali malvagi istinti!
L’avevano persuasa che io ero cattivo, ed ella n’era più addolorata che della mia partenza. Ne fui molto amareggiato. Tentai di far colazione, ma le lagrime mi cadevano sul pane e mi sgocciolavano nel tè. Vedevo mia madre guardarmi di tanto in tanto, e poi dare un’occhiata alla vigile signorina Murdstone, e poi abbassare gli sguardi o volgerli lontano.
– Il baule del signorino Copperfield è là – disse la signorina Murdstone, quando s’udì un rumor di ruote al cancello.
Cercai Peggotty, ma non c’era; neppure il signor Murdstone apparve. Alla porta c’era il vetturale, che m’aveva condotto a Yarmouth; il baule fu portato fino al carro e sollevato.
— Clara! – disse la signorina Murdstone, in tono di avvertimento.
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