– Ieri ci fu qui un signore – egli disse – un signore molto robusto, che si chiamava Topsawyer... forse lo conoscete.
– No – dissi – non credo...
– Con le brache corte e le uose, il cappello largo, il soprabito grigio, un cravattone a piselli – disse il cameriere...
– No – dissi vergognosamente – non ho il piacere...
– Entrò qui – disse il cameriere, continuando a guardar la luce attraverso il bicchiere; – ordinò una tazza di questa birra... la volle ordinare... io gliel’avevo sconsigliato... la bevve,e stramazzò morto. Era troppo forte per lui. Non doveva berla, ecco tutto.
Mi commossi molto al racconto di quel triste caso, e dissi che forse avrei fatto meglio ad accontentarmi dell’acqua semplice.
– Ma vedete – disse il cameriere, sempre fissando la luce attraverso il bicchiere, e chiudendo un occhio – ai miei padroni non piace che si ordini la roba e poi si lasci. Se ne offendono. La berrò io, se non vi dispiace. Mi ci sono abituato, e l’abitudine è tutto. Non pensate che mi possa far male, se butto la testa all’indietro e la tracanno subito. La bevo?
Risposi che m’avrebbe fatto un vero piacere a bersela, se credeva di poterlo fare impunemente; ma se no, no per carità. Quando buttò la testa indietro e subito la tracannò, ebbi un’orribile paura, confesso, di vederlo far la fine del compianto signor Topsawyer, e cadere esanime sul tappeto. Ma non gliene venne male, anzi mi parve più arzillo di prima.
– Che avete qui? – disse, puntando una forchetta sul piatto. – Costolette, forse?
– Costolette – dissi.
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Topsawyer Topsawyer Costolette
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